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Mucchio d’ossa, recensione di Bag of Bones

di Redazione 1

Lo scorso lunedì ha debuttato negli States sul network A&E, con due serate all’insegna del brivido, la miniserie Bag of Bones, tratta dal racconto horror Mucchio d’ossa di Stephen King. Questo primo adattamento è stato scritto da Matt Venne e diretto da Mick Garris, quest’ultimo sfoggia un solido curriculum nel genere che include la creazione della serie Masters of Horror e quattro adattamenti basati su altrettanti lavori di King: I Sonnambuli adattato per il grande schermo e i televisivi L’ombra dello scorpione, Shining, Riding the Bullet e Desperation.

LA TRAMA:

Lo scrittore Mike Noonan (Pierce Brosnan) dopo aver perso la moglie Jo (Annabeth Gish) in un tragico incidente, entra in una fase di depressione e crisi creativa che sfocia in incubi ricorrenti, abuso di alcol e un blocco dello scrittore che gli impedisce di rispettare le scadenze imposte dalla sua casa editrice. Noonan deciderà di trascorrere un periodo di tempo in un tranquilla casa sita sulle sponde di un lago nel Maine occidentale, casa ereditata e ristrutturata dalla moglie prima di morire. Noonan scoperto che la moglie prima dell’incidente era incinta e sicuro di essere sterile, è roso dal dubbio che la donna potesse aver avuto una relazione. Così alla ricerca di risposte e di un barlume d’ispirazione, lo scrittore percepirà una presenza sovrannaturale che aleggia nella casa e mentre si troverà coinvolto nel bel mezzo di una causa di custodia per una ragazzina orfana di padre, contesa dalla madre (Melissa George) e dal nonno paterno (William Schallert), gli incubi diventeranno più vividi e le manifestazioni sovrannaturali s’intensificheranno, portando Mike a credere che la presenza che percepisce sia la moglie defunta che cerca di contattarlo…

LA RECENSIONE:

Anche stavolta è il piccolo schermo a materializzare gli incubi partoriti dalla fervida creatività di Stephen King e anche stavolta ci troviamo di fronte ad un’opera che risulta figlia di numerosi compromessi che ne fanno una discreta ghost-story, ma una trasposizione non troppo soddisfacente della controparte cartacea, almeno per quanto riguarda il finale, vero tallone d’Achille dell’intera operazione. Come accaduto con il monumentale It, l’immaginifico kinghiano su schermo funziona a dovere nella premessa e nell’evoluzione della storia, ma una volta che il climax del racconto si avvicina, lo script deve fare i conti con una dimensione fantastica concepita per la pagina scritta, che cozza palesemente con scelte piuttosto discutibili che ritroviamo su schermo e che minano l’intera impalcatura ansiogena costruita ad arte per culminare in un gran finale degno di questo nome, che invece traballa pericolosamente sfiorando a tratti la comicità involontaria. Brosnan si ritrova così paonazzo e schiaffeggiato da alberi posseduti con la recitazione che diventa sovraccarica e di certo non aiuta l’ulteriore spuntare di uno zuccheroso ectoplasma con l’istinto materno, capace di vanificare le centellinate dosi di gore di cui la pellicola si pregia e una serie di funzionali trovate orrorifiche, supportate da efficaci scelte di make-up, elementi che costellano un’opera che se al suo interno regala brividi a piccole dosi, nel suo complesso si rivela purtroppo non all’altezza, specialmente in un periodo in cui il piccolo schermo ha sdoganato serie di notevole spessore come The Walking Dead e soprattutto American Horror Story.

CURIOSITA’:

Nel cast figura in un ruolo minore anche Jason Priestley. In origine Garris voleva girare nel Maine, ma poi si è optato per il Canada. Nel libro di King la moglie del protagonista muore per un aneurisma, mentre nella serie viene investita da un bus. Attenzione alla notevole colonna sonora di Nicholas Pike ed in particolare alla suggestiva sigla di testa, il compositore ha già collaborato in passato con Garris sia per la miniserie Shining che il film I Sonnambuli.

Commenti (1)

  1. Riuscire a trasporre un opera di SK non è facile e anche se ci si riesce (vedi The Shining, ma li c’era il genio di Kubrick!) si rischia sempre di banalizzare la trama e l’incanto della storia, anche nella sua parte finale (vedi IT). Certo, Bag of Bones non é paragonabile a IT poiche il film di Mick Venne e Mick Garris pecca di serietà e particolarmente, di credibilità narrativa. Scegliere forse una trasposizione televisiva rispetto ad una cinematografica non fa bene ne all’autore ne a chi come lettore, ha grandi aspettative dopo aver letto il libro. Detto ciò Brosnan non convince, ne la trama riadattata, ne il climax che viene perso immediatamente dopo l’interessante colonna sonora dell’inizio. Un attento regista così come uno sceneggiatore, dovrebbe vagliare prima quello che è stato fatto in altre opere simili, cercando di capire gli errori e non ripeterli, soprattutto nell’ideazione della dimensione fantastica così importante nelle opere di King. In ultima analisi, Bag of Bones non sembra essere un horror e gli effetti speciali sono quelli di un trash-movie fatto generalmente male ma buono per una fiction televisiva e di cui un appassionato di S.King avrebbe fatto volentieri a meno.

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