Max Pezzali è tornato a discutere della serie televisiva che ha riscosso grande successo, Hanno ucciso l’Uomo Ragno, dedicata alla genesi degli 883, mentre i lavori per la seconda stagione sono già in corso. Durante un recente incontro tenutosi in occasione del Lucca Comics & Games, il cantante ha riflettuto apertamente sulle ragioni profonde che rendono la sua musica ancora oggi incredibilmente popolare e amata da diverse generazioni, collegando questa analisi proprio alla narrazione offerta dallo show Sky.

Cosa pensa Max Pezzali della serie “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”
Pezzali ha ammesso candidamente che, osservando la rappresentazione offerta dalla serie, l’impressione è che i membri del gruppo non avessero particolari abilità innate. Non erano eccellenti strumentisti, né vantavano doti vocali fuori dal comune. L’artista ha riconosciuto l’assenza di un vero e proprio fattore X o talento cristallino. Tuttavia, ha sottolineato un elemento chiave: possedevano storie da condividere e una forte convinzione nell’importanza di ciò che stavano raccontando.
Per lui, il vero successo e ciò che conta è vedere il pubblico lasciare i suoi concerti con il sorriso. La forza della sua musica sta nella sua accessibilità: le sue canzoni possono essere cantate da chiunque, alimentando nella gente la convinzione che, se Max Pezzali ce l’ha fatta, possono farcela anche loro. Questa filosofia, ha spiegato, deriva direttamente dall’approccio del punk: se i Genesis potevano indurre allo scoraggiamento, il punk apriva la possibilità a tutti.
Come evidenziato anche dalle analisi critiche sulla serie, la profonda vicinanza con il proprio pubblico si conferma uno dei pilastri della longeva carriera degli 883. Per questa ragione, Max Pezzali rifiuta categoricamente di assumere il ruolo di guida spirituale o di opinionista autorevole, ammettendo di avere egli stesso molte incertezze riguardo alla complessa interpretazione del presente. Sebbene i suoi testi trasmettano inevitabilmente una visione del mondo specifica, Pezzali ha chiarito di non sentirsi in grado di fare proclami, dare consigli su scelte personali o indicazioni politiche.
Riconosce di non avere la chiarezza necessaria per essere convincente o utile a qualsiasi causa collettiva. Descrive la sua realtà come quella di chi vive nella periferia dell’impero, in un contesto dove si è disillusi dalle grandi battaglie e dai buoni sentimenti in cui si è creduto. Preferisce focalizzarsi sulle singole esistenze. La sua missione fondamentale rimane quella di regalare un sorriso al suo pubblico.
È proprio questo obiettivo, definito da lui stesso come la cosa più appagante, a spingerlo a continuare a cantare, nonostante la sua modestia riguardo le sue capacità. Interrogato su come si veda tra due decenni, il cantante ha risposto con la sua solita ironia, augurandosi innanzitutto che il sistema sociosanitario italiano possa reggere. Ha espresso la sua incredulità, affermando che trenta o anche venti anni fa, non avrebbe mai immaginato di essere ancora attivo in questo contesto. Gli basterà insomma continuare a vivere in salute, il resto verrà da sé.